Studi e Ricerche

La corsa nel cardiopatico

La corsa oltre l’infarto : adesso è possibile ?

Pubblico con piacere un interessante articolo del corriere della sera su un argomento che è di grande attualità LA CORSA NEGLI INFARTUATI


Per chi è abituato a correre regolarmente subire un infarto è doppiamente doloroso perché costringe chi ne è stato vittima a modificare molte delle sue abitudini giornaliere di vita. Ma soprattutto per lo sportivo militante, subire un infarto non vuol dire obbligatoriamente dover smettere di correre.

Anzi, in quasi tutti i casi, naturalmente con le dovute cautele, tornare a correre si può, anzi si deve, certamente utilizzando una grande progressività di allenamento specifico per riadattare il muscolo cardiaco allo sforzo della corsa.

Sul perché poi l’infarto, al di là delle cause principali, vedi la pressione alta, il sovrappeso, il fumo o il colesterolo a livelli elevati, colpisca anche individui apparentemente sani e ben allenati non ci sono spiegazioni scientifiche che possano fornire una causa assoluta e ben individuabile.

Certamente possono entrare in gioco fattori ereditari e magari anche qualche forzatura di troppo nelle varie sedute di allenamento, soprattutto sotto l’aspetto della qualità, cioè l’uso o meglio l’abuso di sedute lattacide in cui il meccanismo anaerobico del corridore è parecchio sollecitato e di conseguenza anche il parallelo lavoro del cuore.

Detto questo, qual è la strada maestra per ritornare a correre dopo essere reduci da un infarto con successivo intervento chirurgico? Per quanto riguarda il tempo dedicato alla riabilitazione non possono passare meno di tre mesi prima di ritornare a sollecitare in varie forme il muscolo cardiaco. Dapprima è bene iniziare con semplici e brevi camminate, poi si potrebbero inserire brevi sedute sulla cyclette, non più di due, tre volte alla settimana, con 15 a 20 minuti di pedalata in scioltezza con progressivo incremento del carico di fatica sino ad arrivare a 30/40 minuti, il tutto per un arco di tempo non inferiore ai due mesi.

Quello che è importante in questo primo periodo è verificare la stabilità del muscolo cardiaco, cioè controllare che non ci siano ischemie residue, anche attraverso alcuni test di sforzo massimale con l’ergospirometro, un apparecchio che controlla il funzionamento dei vari apparati, cardiaco, respiratorio e muscolo scheletrico, così come è fondamentale essere monitorati 24 ore al giorno portando l’holter, cioè quell’apparecchio che tiene stabilmente sotto controllo la pressione arteriosa.

Superato questo primo periodo di rieducazione si può cominciare a riprendere con la corsa vera e propria. In questo caso l’apparecchio fondamentale di controllo diventa il cardiofrequenzimetro perché il post infartuato deve sempre ricordarsi di correre restando fra le 130 e le 150 pulsazioni al minuto in tutti i tipi di allenamento che intende svolgere e soprattutto in caso di controllata ripresa agonistica.

Anche per questa seconda fase fondamentali sono i test di controllo sulla frequenza cardiaca, ma anche quelli, con tanto di prelievo sanguigno, necessari per analizzare i valori del lattato prodotto alle varie velocità di corsa.

Insomma, dopo l’infarto, la vita atletica può riprendere, certamente con intensità meno elevata e molta più attenzione rispetto a prima, grazie anche al supporto della scienza.